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Tracce dell'anima - 2


di Gianni Nigro
Era una stupenda sera di Maggio. Viaggiavo in macchina ad andatura lenta, sotto un cielo magicamente stellato.
Mi fermai in cima al passo, nel parcheggio di un piccolo autogrill ed entrai.
In effetti le luci erano quasi tutte spente e da due minuti l’autogrill aveva superato l’orario di chiusura. Ma vicino alla cassa c’erano ancora due impiegati, una donna matura e un ragazzo pelato.
Chiesi a entrambi un tramezzino.
- Mi dispiace – disse la donna – ma la cassa è chiusa.
- Ah. Beh, ma è solo un tramezzino …
- Eh, no, la cassa è chiusa.
- Ho capito, ma io vi pago lo stesso, mettete i soldi da qualche parte e domattina li mettete in cassa.
- No. Il regolamento lo vieta.
- Ma ve lo pago il doppio, ve lo pago il triplo …
Non c’era niente da fare. La donna non rispondeva neanche più, e continuava a rimettere in ordine. Il pelato mi dava occhiate dispiaciute e proseguiva a spazzare il pavimento.
Uscii nel vento caldo di maggio.
La strada era una lunga discesa a zig e zag.
Era uno dei miei divertimenti preferiti. Praticamente non giravo mai il volante. Andavo sempre dritto. Beh, diciamo che tagliavo le curve.
Ad ogni curva effettuavo col volante impercettibili zig o impercettibili zag.
Impercettibili, assolutamente impercettibili zig e impercettibili, assolutamente impercettibili zag.
Finché, ad un vero tornante, apparve la visione della punta nord del lago, attorniata dalle luci.
E dopo un altro vero tornante si stampò davanti ai miei occhi la città, le luci coloratissime della città, che dalla pianura si stendeva quasi fino a diventare verticale, sul fianco del monte.
Dopo un altro zig zag la discesa finì e mi fermai a un distributore automatico per comprare dei salatini.
Che stupenda sera di Maggio!


A Gennaio la luce cambia. È sempre stato così. Davanti al mare dell’infanzia o attraverso il rettangolo di una finestra, guardi la luce di Gennaio, in cielo, sulle case, sopra il mare, dietro i pini o i cipressi, dietro i gelsi o gli olmi, la luce di Gennaio cambia.
C’è nella luce di Gennaio, un brivido di primavera. Magari è anche un brivido di freddo, ma la luce, rispetto agli ultimi mesi, la luce di gennaio cambia.
Tanti anni fa, in uno dei tanti giorni di Gennaio che ho vissuto, mi venne un pensiero, una frase: Ogni stagione contiene in sé quella successiva.

Ieri ho letto su una rivista che il 2015 avrà un secondo in più. Devo confessare che da qualche anno e sempre più spesso, le giornate mi sembrano sempre più lunghe. Il tempo non passa mai. Già dalle quattro di pomeriggio inizio a pensare al momento in cui finalmente mi addormenterò. E mi vengono a dire che il 2015 avrà anche un secondo in più?!?! .


Ieri, sì, sempre ieri ma nel pomeriggio, anche perché ero ossessionato da quel secondo in più che avrei dovuto in qualche modo far trascorrere, ho ripercorso la solita discesa a zig e zag. E la discesa era buia, come in quella notte di maggio.
Ma non era notte. E non era Maggio.
Era una sera di Gennaio. Però c’erano ancora gli impercettibili zig, assolutamente impercettibili zig e impercettibili, assolutamente impercettibili zag.
C’erano ancora le luci coloratissime della città, che dalla pianura si stendeva quasi fino a diventare verticale, sul fianco del monte.
Tante cose erano cambiate. Lì, come i palazzi o i sottopassaggi o le nuove rotonde. Tante cose erano successe. Tante cose non erano più come prima e tante altre erano sempre uguali.
E io ero ancora io, come sessant’anni fa.
Non è buffa la cosa?
Non so quanti miliardi di persone ci sono, sulla Terra, ma io sono sempre e solo io.
A volte la cosa mi provoca un po’ di noia. altre volte, invece, mi guardo allo specchio e mi dico: caspita, meno male che io sono io.


Lo stesso io che, alla mattina di Natale, quando c’era il sole (e laggiù alla mattina di Natale c’era sempre il sole) uscivo coi miei genitori. Avrei voluto portarmi con me tutti i regali di Natale, ma non era possibile. Mi rassicuravano che li avrei ritrovati tornando a casa.
Allora uscivamo, e andavamo a camminare in un parco, molto vicino a casa. E io raccoglievo le ghiande. Ne raccoglievo il più possibile. Poi lasciavo le ghiande e mi mettevo a correre. E correvo, correvo, correvo.
Io credo che in quel parco, ancora adesso, del tutto invisibile, ci sia una copia di quel bambino, del bambino che ero, e che alla mattina di Natale, nel sole, si metta a correre. E corre, corre, corre ….