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Poesia viva

Tu sei la mia casa

di Gianni Nigro


Tu sei la mia casa
Tra l’ultimo gradino dell’ultima rampa di scale e la porta a vetri della clinica c’erano pochi passi. Al di là della porta il cortile era ancora illuminato dal sole. In fin dei conti, nonostante la pioggia di quell’estate, nonostante la temperatura mite, sempre fresca, talvolta fredda, di quella estate, era pur sempre estate. E nonostante fossero le otto di sera, c’era ancora il sole.
   E il sole illuminava di sbieco il parcheggio. Com’era diverso il parcheggio a fine giornata. La frenesia della mattina era scomparsa. Le auto posteggiate erano poche. Eddy si avvicinò al la sua auto. E si rese conto di colpo che stava per tornare da solo a casa. Rosaly era là, in una di quelle stanze, lontana dal mondo, lontana da casa, lontanissima dalle sue terre, dalle sue origini.
   Eddy si ritrovò a piangere a dirotto, la testa appoggiata sul volante. E non gli riusciva di smettere di piangere. Tornare a casa … ma dov’era la casa? Che cos’era la casa? Chi era la sua casa?