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ANDENES
Gianni Nigro |
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Andenes è una città magica. O forse stregata. Ed è anche difficile
chiamarla città. Comunque, è cosa nota che viaggiando lungo la
via del nord ogni parola cambia di significato, compresa la
definizione stessa di città. Sì, lungo la via del nord, che si inerpica
sopra la schiena della penisola scandinava, percorrendo cioè la E6.
E una volta che hai oltrepassato Trondeim e ancor più hai varcato
l'invisibile confine del Circolo Polare Artico, è sempre più difficile
insistere con l'uso comune delle parole. Il significato di un
termine, cambia. Difficile, ad esempio, nella seconda metà di giugno, conradianamente parlando, citare le tenebre della notte, quando poi all'una del giovane giorno il sole splende in cielo prepotente e chiaro. Difficile o impossibile prendere in considerazione la luce del giorno in pieno inverno laddove in pieno inverno si vive con le luci accese avvolti dal buio attorno. E, nel contesto di una siffatta logica, per città si intende è un centro abitato che altrove potrebbe essere chiamato soltanto paesetto, villaggio, frazione. Andenes, dunque, assume la dignità piena di città, con porto e aereoporto, anche se da un punto di vista continenentale è soltanto quattro case e un faro, appollaiate in cima al dente canino di un'isolotto affacciato all'oceano. Andenes. Già, Andenes! Andenes ti sorprende, ti coglie in contropiede. Andenes è deserta, sempre, o meglio imperversano i gabbiani, che nidificando tranquillamente tra le case, ti attaccano lungo la via principale, per difendere i piccoli nascosti tra le grondaie. Andenes è impenetrabile. Tu cammini lungo vuoti marciapiedi e ti chiedi dove sarà la pedonale e dove si troverà la piazza principale e più in generale il centro, i negozi, la gente. Ma dopo tre giorni di soggiorno ad Andenes, la domanda cambia e ti chiedi piuttosto se in realtà i veri abitanti di Andenes non siano i tanti spiriti inquieti delle troppe balene che nei secoli la mano dell'uomo ha sterminato. O se magari non vi sia stata una forma di reincarnazione inversa, non cioè gli umani reincarnati negli animali, bensì le anime delle balene reincarnatesi negli umani. Certo, di quei pochi, pocchissimi umani che ogni tanto incontri, magari dentro i tre o quattro negozi esistenti. O negli umani nascosti nelle case, che non vedi ma dei cui occhi avverti il peso sopra le spalle. Poi ritorni coi piedi per terra, nella ruvidità del quotidiano, quando senti la voce dell'italiano di turno che esce infuriato dall'ufficio del safari delle balene, avendo dovuto spendere più del previsto. Ma allontanandoti da quell'unico punto affollato di autobus che vomitano in continuazione turisti, per lo più giapponesi e italiani, e lasciandosi alle spalle i camper, per lo più italiani e tedeschi, ritrovi la magia di Andenes, nelle sue corte spiagge bianche, nelle basse e dentate asperità che ne disegnano l'orizzonte, nei piccoli giardini delle case, coi tricicli che giacciono immobili e non si ode voce umana, quasi fossimo piombati in uno di quei film di fantascienza dove la popolazione è stata rapita e portata dentro chissà quale mega-astronave da raggi traenti. E ritrovi i moli infiniti che portano al nulla e il mare livido, il livido oceano che si perde all'orizzonte. Andenes. Andenes, con le sue piccole case in serie, multicolori, e i silenzi chiusi dietro le immacolate tendine bianche, Andenes attende. Andenes attende forse il ritorno improbabile dei marinai di epoche lontane, da antiche lotte smarrite nel tempo contro il Leviatan, contro il fantasma di Moby Dick. Andenes attende. Appollaiata in cima all'isola di Andoya, come un gabbiano su di un lampione, Andenes attende. Certamente quell'attesa era molto più esasperante in tempi in cui dal porto si imbarcavano gli uomini per una caccia perigliosa e un ritorno incerto. Donne e bambini in attesa, a scrutare il mare. Altri tempi. Ora il safari è organizzato dall'Andenes Whale Center o Hvar Safari, centro di ricerca sponsorizzato dal WWF, che organizza spedizioni di poche ore con navi rigurgitanti turisti armati non già di fiocina ma di binocolo e macchina fotografica con lo zoom. E se hai fortuna, una giornata di sole ti regalerà immagini d'incanto, con balene che si vezzeggiano agli sguardi scrutanti del turismo ecologico. Ma se hai ancora più fortuna, una giornata di vento e di pioggia ti restituirà l'antico fascino marinaro del faro frustato dalle raffiche gelide che scendono dall'Oceano e il ristoro amico davanti a una fumante zuppa di pesce nel Caffè Mea e l'eterno divenire del mare in tempesta e gli asfalti lucidi e i lampioni riflessi, dimenticando il resto del mondo in qualche bungalow impregnato dell'odore del legno di ciliegio, i vetri screziati di pioggia, dalle folate che vi spingono contro le gocce in discesa dalle nubi e in salita dagli abissi marini. Andenes. E ti perdi tra sogni e ricordi, tra fantasie e miraggi. Andenes. Città delle balene. |
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